Festività Religiose

Mar 19, 2024, 10:54

 

La più importante festività religiosa celebrata a San Mango è il Natale ed il presepe era una tradizione che veniva rispettata in tutte le famiglie. Oggi viene allestito solo in poche case e nella chiesa, e le famiglie preferiscono il più sbrigativo albero, oppure la sola grotta con il bue e l'asinello.
La Notte Santa rimane la ricorrenza più sentita dell'anno, perché rappresenta il momento dell'unione familiare, quando molti emigrati ritornano per vivere insieme con i loro cari pochi giorni di serenità. La cena si svolge all'insegna delle "nove cose" ( cibi di diverso tipo ) e dei dolci tradizionali fatti in casa.
Una volta alla fine della cena e prima di andare in chiesa le famiglie si riunivano intorno al camino per dare inizio alla preparazione del fuoco. Cominciava il capo famiglia, che sceglieva il legno più grande ( u zuccu ) e lo collocava nel focolare, seguivano poi gli altri componenti della famiglia, e ognuno metteva un legno più piccolo (n'asca) attorno al ciocco di legno grande. Il fuoco veniva lasciato acceso per l'intera notte fino a consumarsi.
Fuoco che arde, tavola imbandita, luci rimaste accese...sono simboli che hanno un significato profondo. Secondo Antonio Sposato, che in occasione del primo libro su San Mango ha scritto un importante capitolo sull'argomento, essi rappresentano l'offerta di ospitalità alla Sacra Famiglia, quell'ospitalità che Betlemme un tempo negò, portando Gesù a nascere in una mangiatoia.
Un grande fuoco viene acceso anche all'esterno, sul sagrato della chiesa, e la legna veniva procurata dai ragazzi che andavano in giro a raccoglierla per le vie del paese.
Le celebrazioni natalizie continuano, dopo la Notte Santa, con la festa dell'Epifania, misteriosamente chiamata "Vattimu" dal popolo. Secondo la leggenda, la notte fra il 5 ed il 6 gennaio gli animali parlano, e la fontana della Buda correva olio, che veniva raccolto dall'eremita per alimentare la lampada della Madonna che si trovava nella chiesa antica, demolita nel 1965 per lasciare il posto all'autostrada. 

 

Anche i riti della Settimana Santa venivano seguiti dalla gente con particolare raccoglimento. Molte manifestazioni però sono scomparse con la riforma liturgica, altre si sono spente con il passare degli anni.
La domenica delle Palme vedeva arrivare nella Chiesa Madre una moltitudine di persone, e tutti i contadini che abitavano nei casolari di campagna si recavano al paese. I rami di ulivo, benedetti dal sacerdote, venivano posti nei campi e sulle messi, ad invocare la protezione di Dio sul raccolto.
Seguiva poi il giovedi santo, con la celebrazione dell'Eucarestia e della Passione di Cristo. In chiesa era allestito il Sepolco ( summurcu ), e tutt'intorno crescevano nei vasi i germogli di grano ( vurvini ) preparati dai fedeli. Dopo la rievocazione dell'Ultima Cena le campane non potevano più suonare, ed i dodici cittadini più anziani che sedevano intorno all'altare per la lavanda dei piedi, ricevuto il pane benedetto ( mucceddatu ), scendevano in mezzo alla gente e ne distribuivano i pezzettini.
La chiesa era listata a lutto in ogni sua parte e persino nelle abitazioni le finestre erano tenute chiuse, creando la tipica atmosfera della morte. Al termine della Via Crucis, intervallata dalle note della marcia funebre suonata dalla banda musicale, una grande croce nera scendeva sul Sepolcro e, subito dopo, improvvisamente, le luci si spegnevano, le porte della chiesa si spalancavano ed entrava l'Addolorata, una statua che avanzava verso l'altare fino ad incontrarsi col simulacro del Cristo morto.
La rappresentazione del dramma si concludeva giovedì notte, quando i fedeli accompagnavano per le vie del paese la Vara nella quale era stato deposto Cristo, seguita dalla Madonna. La processione, ricca di fiaccole, dopo una sosta al Calvario che sorgeva all'inizio del paese, terminava nella vecchia chiesa di S. Giuseppe.
I riti riprendevano il giorno dopo con la messa del venerdì. Le statue venivano prelevate dalla chiesa di S. Giuseppe e portate nella chiesa Madre. E nel pomeriggio riprendeva la grande processione del Cristo morto; un uomo con camice bianco e con una corona di spine in testa ( chiamato dal popolo il Cireneo ) portava sulle spalle una croce di legno ed apriva il corteo; seguivano la bara col Cristo e l'Addolorata. La processione si concludeva sul sagrato della chiesa Madre, con la solenne benedizione della Croce. Sabato venivano benedetti il fuoco e l'acqua e subito dopo, al canto del Gloria, venivano tolti i veli del lutto. Al centro della chiesa, al posto del Cristo morto, appariva il Cristo risorto, con sullo sfondo il dipinto di una tomba aperta. Le campane riprendevano a suonare, e la banda musicale contribuiva a trasformare in goia la triste atmosfera dei giorni precedenti.
Dopo la riforma liturgica operata dalla Chiesa il calendario delle celebrazioni è risultato modificato e poi, con il passare del tempo, la partecipazione della gente è diventata meno attenta. Oggi, di questi antichi riti, rimane poca cosa e l'antica liturgia, per come descritta, sopravvive solo nel ricordo degli anziani. Noi la riportiamo in queste note e speriamo che essa entri nella memoria collettiva del paese.

 

Una ricorrenza che ancora resiste è la festa della Madonna della Buda, titolo attribuito a Maria SS. delle Grazie a seguito di un culto locale che trae origine dall'apparizione della Vergine nella località Buda, nel fondo di una valle attraversata dal fiume Savuto.
La festa ha luogo il primo sabato e la prima domenica di giugno e dalla chiesa Madre la statua della Madonna viene portata in processione fino alla Buda. Una volta si seguiva l'antica via battuta dai contadini; oggi la gran parte del percorso viene svolto lungo la strada provinciale che collega il paese con l'autostrada. La processione è accompagnata dalla banda musicale, al canto delle Verginelle e al suono dei Tumbari, un ritmo di cassa e tamburi.
Un tempo le donne che accompagnavano la processione portavano sulla testa i canestri con la frittata, il piatto tipico che si consumava sui prati insieme con parenti ed amici. Oggi vengono usate le automobili ed il carattere allegro della festa di una volta non si ritrova più.
La processione termina nella chiesa della Buda, dove la Madonna viene lasciata per tutta la notte. Fuori, intorno al fuoco, nascono giochi e balli, mentre suonano organetti e fisarmoniche. Il giorno dopo, domenica mattina, ha inizio la processione del ritorno e la Madonna rientra nella chiesa Madre, accolta festosamente.

 

Altra festa religiosa a carattere agreste è quella di S. Francesco, che ha luogo la seconda settimana dopo Pasqua, di sabato e domenica.
Nel pomeriggio del primo giorno si svolge la processione al Pruno, località posta sulla sponda sinistra del fiume Casale, dove esistono una Cona in onore del Santo ed un appezzamento di terreno, detto il Pruno di S. Francesco, donato alla Parrocchia da un cittadino del posto per una grazia ricevuta.
La festa del sabato ha tratti spiccatamente campagnoli, messi in risalto, scrive Antonio Sposato, dal primo, timido affacciarsi della primavera fra le nostre colline: varietà di colori e vivace allegria nella lunga fila di fedeli che si snoda per la via stretta e tortuosa. Suggestivi sono il ritmo dei Tumbari ed il passaggio sul fiume salutato dai colpi dei mortaretti, in ricordo dei tempi in cui non esisteva il ponte e l'attraversamento del Casale veniva compiuto con grandi difficoltà.
Domenica i festeggiamenti si svolgono in paese ed anche in tale circostanza echeggia il canto delle Verginelle, un'usanza, ci spiega Sposato, che trae origine da una promessa votiva fatta per grazia ricevuta e che nasce dall'esigenza di manifestare pubblicamente la propria gratitudine e la propria fede. E per lo stesso motivo viene praticato l'uso di far sostare le processioni dinnanzi all'ingresso principale delle abitazioni, presso cui viene preparato un tavolo ricoperto da un damasco, mentre le finestre e i balconi vengono pavesati a festa.
Tutte queste manifestazioni erano espressione di una fede schietta e semplice, ed esprimevano una religiosa devozione che era presente nel nostro passato e che oggi trova testimonianza in poche, eccezionali occasioni.

Armando Orlando