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I giovani, la politica e la cultura: Il caso San Mango
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I giovani, la politica e la cultura: Il caso San Mango

08 Maggio 2007

Seguo con attenzione i messaggi che arrivano su questo sito, specialmente quelli che riguardano le condizioni di vita dei giovani di San Mango.

 

Il 27 gennaio di quest’anno Orchidea Selvaggia chiede che fine ha fatto la Biblioteca Comunale: “E tutti i poveri libri sparsi in giro e non restituiti? Gentile omaggio del Comune o ulteriore (anche se minimo) spreco che dovremo pagare di tasca nostra?”

Lo stesso giorno Taty scrive: “E degli atti di vandalismo ne vogliamo parlare? Non sarebbe tempo di portare una sezione dei carabinieri a San Mango? Dite sempre che volete ottimizzare le condizioni di vita del nostro paese, questa mi sembra una priorità...e anche alquanto immediata!”

Il 3 febbraio Un sanmanghese si sfoga: “Provo grande sconcerto per l’imbastardimento e lo scadimento della lotta politica nel Comune di San Mango d’Aquino. Quando sono i più bassi rancori personali ad ispirare i propri comportamenti ed a ispirare i vari orridi “manifesti” pubblicati su Internet, purtroppo, non si può più parlare di lotta politica, nel senso alto del termine, perché essa appare a tutti una lotta sterile e perché si ha il fondato sospetto che siamo di fronte a vendette personali, incomprensibili per i cittadini della comunità sanmanghese…”

Il primo aprile un Ex cane di mandria parla di “quella prigione grande dall'Arella alla Croce del Mulino” e confessa di aver “bruciato la gioventù e i miei anni migliori su quel corso con le stesse facce e le stesse macchine che bruciano benzina dalla mattina alla sera”. “Ora però mi sono rifatto andando via da quel bel paese per famiglie ma non per giovani. Non so voi, ma io vi posso dare solo un consiglio: andate via se potete, fatelo per voi ma soprattutto per un avvenire ai vostri futuri figli, così potete dare loro una vita migliore, non vi accontentate dei 1.000 € o 800 di stipendio che vi viene dato....”

Il 16 aprile un Elettore deluso scrive “Io ho votato Vincenzo Buoncore, anche se sono tutt'altro che socialista e soprattutto nostalgico di Craxi che per me è morto da latitante… Speravo in una nuova fase per il paese non più fatta di cattedrali nel deserto ma di fatti concreti, volti realmente a elevare culturalmente e a migliorare la qualità della vita di chi vive nel nostro amato-odiato paesello. Invece il nulla, a parte l'illuminazione e il pino di Natale che non possono mai mancare, non un'iniziativa per valorizzare quello che di bello abbiamo, non un progetto per attirare gente e creare prospettive di lavoro, nulla, in tutto ciò trovo inutile poi lamentarsi su questo sito scrivendo della noia e della tristezza di San Mango quando la politica non dà alcuna risposta e ormai ai licei non s'iscrive più nessuno. Se si va avanti così il nostro paese tra 10 anni sarà uno di quei centri rurali in via di estinzione abitato solo da qualche centinaio di vecchi e da qualche zulù ignorante rimasto proprio perchè ignorante…”

Il 27 aprile La valigia che è partita dice che “E’ San Mango che non va, e sono i sanmanghesi (non tutti) ma un buon 75%! E poi chi fa la valigia e resta dove va vuol dire che nei pantaloni ha qualcosa di vero! soprattutto quando la mattina si alza alle 4 per andare a lavorare tra traffico e metropolitana. Questi sono sacrifici che fa un vero sanmanghese, non tutte quelle "lusinghe" e quella "gargia" che ogni volta che vengo si vede in giro grazie a qualche posto statale e alle grandi pensioni!”

Il primo maggio un messaggio di Chi ha visto tante valigie fuori parla di lacrime, sacrifici, momenti difficili per chi si ritrova senza la vicinanza dei parenti, ed esprime ammirazione per chi è andato via da San Mango per assicurare un futuro ai figli: “Non è facile restare qui per chi non ha un posto, per chi dopo tanti anni e dopo tanti sacrifici si ritrova senza contributi, senza lavoro... senza ciò che serve per tirare avanti una famiglia, per costruirsi un futuro, se non sicuro, ma almeno non tanto incerto”.

Il 3 maggio Lew aggiunge: “Se non si hanno santi in paradiso, oppure i nonni che non sono ancora schiattati, qualche zio presunto tale che percepisce una bella pensione, la vita è dura, anzi impossibile, ed in prospettiva è ancora più triste e sacrificata visto la tendenza degli ultimi anni, dove il precariato è la regola, dove le guerre ingiuste ci fanno stare sempre più insicuri, dove chi ha i soldi la fa sempre franca mentre i poveri cristi arrancano morendo nei cantieri o invecchiano in un Call Center”. E poi osserva che “a San Mango i figli di papà sfrecciano sulle macchine dei genitori con le maglie e le mutande firmate… e sono sempre più ignoranti e mediocri… Ormai l'unico momento d'aggregazione nel paese sono le messe di Don Giovanni, e meno male che ci sono i socialisti al potere da quasi quarant'anni!!!”

Il messaggio del 3 maggio parla pure di “un paese di povera gente, che suda tutti i giorni, nelle fabbriche, nei cantieri, sui trattori, di gente che sta a migliaia di chilometri lontano dalle famiglie, per permettere ai propri figli di sfilare veloci con le macchine e le magliette firmate e di imbrattare le mura di croci celtiche facendo ragionamenti che vanno contro loro stessi, propagandando il dio denaro e le simpatie di mafiosi e potenti di turno” E conclude: “Voi migranti sanmanghesi per necessità, che soffrite e lottate tutti i giorni, siete i veri eroi della nostra storia, peccato che se lo ricordano in pochi”.

Il 4 maggio risponde un Sanmanghese e dice: “ Hai pienamente ragione!.. Chi te lo dice è chi si sta spaccando il di dietro per dare un futuro vero e sicuro alla sua famiglia! No chi aspetta il posticino da chi promette e non dà mai, perchè i bei tempi sono passati da un bel pò!!! Ricordate tangentopoli??? Da li è finito tutto per tutti, ora si cammina con i piedi di piombo! Buon divertimento alla nostra San Mango”.

Fin qui i messaggi del 2007. Ma già il 27 marzo 2006 Gini Bartali aveva parlato di “bassezza culturale” e di un paese “che è già morto”. Ed aveva aggiunto: “Basta uscire la sera per rendersene conto. Bastano le strade deserte, bastano i ragazzini sempre più pochi che pensano soltanto alle moto e alle risse, tanto cresceranno tutti troppo ignoranti per rendersi conto della tragedia che li sta consumando…”.

I brani esprimono il disagio di una gioventù che non si rassegna a vivere passivamente il proprio tempo, che vuole essere protagonista, ma non riesce a individuare i canali per realizzare bisogni e desideri; una gioventù che non trova interlocutori disposti ad ascoltare e cerca invano una classe dirigente capace di facilitare il loro percorso verso un’età più matura.

I brani rappresentano pure lo spaccato di una società che è comune a tanti altri piccoli paesi della Calabria. In questo contesto, però, San Mango d’Aquino è caso particolare, se non altro perché – come rilevato nel messaggio del 3 maggio – il paese è amministrato da un ceto politico che è al governo del paese da circa 40 anni.

Con più di 500 abitanti persi a partire dal 1961, cos’è oggi San Mango d’Aquino?

Paese relativamente giovane, a parte qualche palazzo signorile del Settecento, diversi portali ancora conservati e l’edificio ottocentesco della chiesa Madre, non ha beni architettonici nei quali riconoscersi e nei quali identificare la propria storia. Unico punto di riferimento, che testimonia l’origine della comunità e l’evoluzione della cultura attraverso i secoli, rimane il patrimonio di folklore e di tradizioni.

Molti elementi di questo patrimonio, però, sono andati smarriti nella fase di passaggio dalla civiltà contadina alla civiltà moderna (o addirittura post moderna); altri elementi sono stati sottratti ai protagonisti storici - le classi popolari - e sono stati sottoposti ad uno sfruttamento consumistico che ne ha snaturato il significato fino a determinare la rottura di ogni legame della tradizione con il territorio di appartenenza.

Oggi San Mango, come tanti altri paesi della Calabria, ha bisogno di ritrovare quei sentimenti di appartenenza alla comunità che le correnti migratorie, l’avvento della civiltà industriale e l’influenza dei mezzi di comunicazione di massa hanno fatto perdere a vantaggio di una società sempre più disgregata; ha bisogno di punti di riferimento nei quali identificarsi; ha bisogno di trasmettere alle generazioni future valori e comportamenti incentrati sul bene comune; ha bisogno, in poche parole, di dare un senso alla propria esistenza.

E per fare questo occorre iniziare un lungo percorso, perché i tratti negativi di una cultura consumistica ed edonistica hanno fatto registrare nuove forme di povertà, essenzialmente morali, che negli ultimi anni hanno dato origine a preoccupanti episodi di disagio giovanile con vere e proprie manifestazioni di violenza che hanno, purtroppo, interessato anche questo Comune.

Fermare questa spirale di violenza e di disagio, allacciare i fili di una società disgregata, recuperare valori umani, riscoprire sentimenti di solidarietà, ricostruire un’identità collettiva devono essere obiettivi prioritari di un’Amministrazione Comunale responsabile e consapevole.

Forse è il caso di chiedersi perché un progetto del genere non è stato ancora avviato, nonostante la volontà e la buona fede di qualche nuovo amministratore, e nonostante la disponibilità e l’impegno offerti a titolo gratuito da numerosi esponenti della società sammanghese, interessati ad avviare questo percorso.

C’è la convinzione che il territorio, con le sue risorse, può influenzare processi di crescita. C’è la volontà di usare la cultura come strumento per attivare strategie di sviluppo economico e sociale. C’è la possibilità di porre al centro del progetto il patrimonio storico e sociale che ha caratterizzato per secoli l’evolversi della popolazione, e per patrimonio storico-sociale si intende quel complesso di usi e costumi, di mestieri, di cultura popolare, di esperienze e di valori che si sono sedimentati nell’area geografica di San Mango fino a costituire l’identità territoriale ed il senso di appartenenza.

C’è, in sintesi, una grande opportunità: ricostruire la memoria collettiva come “storia vivente”, una storia che nel corso dei secoli ha coinciso con la vita del gruppo e che ha finito per “produrre” la comunità stessa.

Ricostruire la memoria collettiva è necessario perché attraverso la memoria una comunità può utilizzare il passato non per vuoto erudizionismo o per sterile rievocazione, ma come mezzo per ancorarsi al presente e per assicurarsi una continuità. Ha scritto in proposito Carmen Leccardi, ricercatrice presso il Dipartimento di Sociologia e Scienze della Politica dell’Università della Calabria, che “il passato non è silenzioso né opaco. Lo vivificano nomi, volti, vicende che suscitano nei membri del gruppo emozioni inconfondibili...Ma non è soltanto tra passato e presente che la memoria collettiva rinsalda i legami... La memoria collettiva offre anche al gruppo indicazioni circa il presente e il futuro… Affiora, dietro la coltre della memoria, la dimensione del progetto: il passato ricostruito collettivamente edifica a sua volta il futuro”.

E’ proprio così: “Il passato ricostruito collettivamente edifica a sua volta il futuro”. E di questo il paese ha bisogno.

Perché, allora, le iniziative non decollano? Perché questa nuova amministrazione comunale non ha ancora dato segnali di cambiamento? Quali sono gli ostacoli che frenano il progetto? Queste sono le domande che molti cittadini si pongono. A chi tocca dare le risposte?

Esiste, forse, anche per San Mango l’annoso problema dei rapporti tra cultura e politica? O meglio, della separazione tra cultura e politica? Lo abbiamo scritto tante volte pure su questo sito: la politica ha il compito primario di guidare i processi di cambiamento, se ne è capace; ma più che di politica, San Mango ha bisogno di una guida amministrativa che tracci le linee essenziali di uno sviluppo che non sia solo materiale. Il campo, poi, deve essere lasciato agli operatori culturali, alle singole competenze, alle associazioni, alle forze sociali e ai gruppi che vogliono lavorare per questa impresa.

Oggi molte persone hanno manifestato disponibilità e l’hanno dimostrata con i fatti. Ricordate il convegno del 12 novembre 2005, che ha dato origine al gemellaggio fra Cleto e San Mango?

“Non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che acchiappi il topo”, diceva Mao.

Fedeli a questa massima, diversi cittadini sono disposti a dare un contributo nella speranza di fare qualcosa di nuovo e di diverso per il paese. Perché è questo che chiedono i giovani con i loro messaggi, ed è questo che deve fare un cittadino responsabile. Nella vita di un uomo arriva sempre il tempo di decidere se essere incudine o martello e, come diceva John F. Kennedy, ciascuno di noi dovrà trasmettere al mondo in cui vive i benefici ed il talento acquisiti anche grazie ai contributi ricevuti dalla società. Si tratta, in sostanza, di rendere ai figli ciò che i padri hanno dato a noi.

Io sono convinto che il mondo della cultura a San Mango d’Aquino è pronto per fare la propria parte. Al di sopra dei partiti e degli schieramenti. Il progetto è pronto. Le iniziative sono numerose ed aspettano la loro realizzazione. Non è pronta, invece, la politica. Ed in questa direzione si devono muovere i giovani; almeno quelli che credono ancora in un diverso modo di vivere in San Mango.

Per riuscire nell’impresa bisogna uscire dall’isolamento e riscoprire una dimensione collettiva dell’impegno. Bisogna unire le varie voci fino a gridare la propria rabbia e la propria volontà di cambiamento in faccia a tutti quelli che si pongono di traverso e che rubano il futuro alle nuove generazioni. Il paese è in bilico; può precipitare, ma può ancora salvarsi. Incudine o martello? Il tempo della decisione è giunto, ed è ora.

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