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Mar 28, 2024, 10:25
Come la Germania?
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Come la Germania?

17 Aprile 2007

Nel 1929 la Germania possedeva un apparato industriale avanzato ed era prima nel mondo nell’esportazione di prodotti finiti. Seconda potenza industriale dopo gli Usa; prodotto interno lordo in crescita e flotta mercantile moderna, nonostante i disastri subiti nella prima guerra mondiale.

 

Anche nel campo della protezione sociale la repubblica di Germania si collocava ai primi posti ed i lavoratori percepivano il 62% del reddito nazionale. Il suo primo partito politico era una socialdemocrazia pronta ad accogliere il fior fiore dell’intelligenza.

Perché un Paese così all’avanguardia, in soli due anni (elezioni del 1932 e del 1933) si consegnò alle camicie brune di Hitler?

Alcuni storici affermano che tra le cause del crollo c’erano il senso di insicurezza dei cittadini e gli scontri cruenti tra destra e sinistra.

Dopo la morte di Hitler e la fine della seconda guerra mondiale la Germania è tornata ad essere un Paese democratico e, dopo la caduta del comunismo e l’unificazione con le regioni dell’Est, è diventata di nuovo una potenza mondiale.

E’ un caso se proprio in Germania, oggi, i due più grandi partiti – cristiano-sociali e socialisti – si sono messi insieme e con il governo della “Grossa coalizione” si impegnano per far superare al Paese le difficoltà del momento?

In Italia Aldo Moro è morto per aver pensato ad un discorso simile.

Quando il Paese viveva una crisi profonda, con il terrorismo che mieteva vittime e l’inflazione che galoppava a due cifre, Moro parlò ai deputati e senatori Dc, il 28 febbraio 1978, e chiamando i comunisti all’assunzione di maggiori responsabilità auspicò una "intesa sul programma, che risponda all'emergenza reale che è nella nostra società".

"Perché - spiegò - abbiamo una emergenza economica ed una emergenza politica. Io sento parlare di opposizione, del gioco della maggioranza e dell'opposizione. Sono in linea di principio pienamente d'accordo... Ma immaginate cosa avverrebbe in Italia in questo momento storico se fosse condotta fino in fondo la logica dell'opposizione, se questo Paese dalla passionalità intensa e dalle strutture fragili, fosse messo ogni giorno alla prova da una opposizione condotta fino in fondo?”.

“Soltanto dopo che avremo governato insieme e ciascuno avrà dato al Paese le prove della propria responsabilità e della propria capacità, si potrà aprire la terza fase, quella delle alternanze al governo... La società consociativa non è un modello accettabile per un Paese come il nostro... Dopo la fase dell'emergenza si aprirà finalmente quella dell'alternanza, e la DC sarà liberata dalla necessità di governare a tutti i costi".

Così disse Moro nel 1978, ma la morte dello statista ha interrotto quel processo e l’Italia non ha conosciuto né la seconda fase (partecipazione diretta dei comunisti al governo) né la terza fase (la nascita di una democrazia dell’alternanza).

Oggi l’instabilità del sistema politico italiano (che si manifesta con tutto il carico dei suoi problemi) e l’inadeguatezza della classe politica (che non ha una visione armonica del futuro) sono una diretta conseguenza della strage di Via Fani.

Solo Moro, dopo De Gasperi, sapeva esprimere più di ogni altro i valori della Dc. Due anni dopo la sua morte, infatti, la Democrazia Cristiana cominciò a guardare a destra, distaccandosi sempre più dalla realtà italiana fino a sparire nelle ceneri di Tangentopoli. Nessuno capì fino in fondo le trasformazioni di un Paese che, dopo il 1968, era cambiato nelle scuole, nelle fabbriche, nelle famiglie, nella società.

Abbiamo detto che tra le cause del crollo della Germania prima dell’avvento di Hitler c’erano il senso di insicurezza dei cittadini e gli scontri cruenti tra destra e sinistra.

E’ azzardato fare un paragone con lo scenario italiano odierno? Gli ingredienti ci sono tutti: maggioranza e opposizione che si combattono in Parlamento e nel Paese senza esclusioni di colpi; il leader dell’opposizione che dopo un anno non riconosce ancora la sua sconfitta e coglie tutte le occasioni per delegittimare la maggioranza; il Governo che sopravvive giorno dopo giorno fra divisioni e polemiche; e la classe politica che trasmette paura e insicurezza verso il futuro.

Nel Paese cresce la consapevolezza che il Governo non arriverà alla sua naturale scadenza del 2011. Ed anche se supera tutti i voti di fiducia, non sarà più il governo voluto dai cittadini che lo hanno eletto.

E come potrebbe essere diversamente, se all’interno della maggioranza ci sono parlamentari che non conoscono la cultura di governo (Salvatore Cannavò: “Credetemi, compagni, è veramente divertente vedere arrivare Prodi in Parlamento senza sapere quali saranno i suoi numeri. Senza sapere se ce la farà o no…”) e se ci sono ministri che minacciano continuamente la compagine della quale essi stessi fanno parte (Clemente Mastella: “Se c’è il referendum, il rischio è la crisi di governo. Questo, senza tema di smentita”).

Certo, la democrazia è salda ed il pericolo di una dittatura è scongiurato. Ma dietro l’angolo, dopo il fallimento della coalizione di centro-sinistra, può esserci una deriva populista, frutto di un liberismo sfrenato, di un’economia di mercato spinta al massimo e di un sempre maggiore distacco dei cittadini verso la politica.

Non sono lontani i tempi in cui la Commissione Parlamentare d’inchiesta presieduta da Tina Anselmi stabilì che la loggia massonica segreta P2 “si è posta come motivo di inquinamento della vita nazionale mirando ad alterare in modo spesso determinante il corretto funzionamento delle istituzioni, secondo un progetto che mirava allo snervamento della democrazia. Tale organizzazione, per le connivenze stabilite in ogni direzione e ad ogni livello, e per le attività poste in essere, ha costituito motivo di pericolo per la compiuta realizzazione del sistema democratico”.

Perché, allora, non pensare per l’Italia ad una soluzione tipo la Grande Coalizione che governa la Germania?

Persino nell’Ulster cattolici e protestanti, dopo essersi combattuti per lunghi anni anche sul piano militare, hanno siglato un patto e governeranno insieme a Belfast, per fronteggiare l’emergenza e per non perdere l’autonomia da Londra, avviando così quella che i loro stessi dirigenti hanno definito “una nuova era della politica”.

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