PENSIERI&PAROLE

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Il Teatrino della Politica
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Il Teatrino della Politica

16 Marzo 2007

Lo spettacolo che stanno offrendo i politici italiani mi ha stancato e prometto che, salvo fatti nuovi, in questa rubrica non parlerò più di Prodi e Berlusconi.

Prodi mi ha deluso per una lunga serie di motivi.

 

E’ stato troppo arrendevole rispetto alle richieste dei partiti. Nel 1996 ha creato l’Ulivo per rispondere a un’esigenza largamente avvertita dall’opinione pubblica, ma poi ha lasciato che il progetto andasse smarrito. Prima delle elezioni europee del 2004 sul palco c’erano pure i socialisti di Boselli e i repubblicani della Sbarbati, assieme a tante altre persone senza tessera disposte ad impegnarsi in un nuovo soggetto politico. Oggi, a parlare di partito democratico, sono rimasti Rutelli e Fassino, con pezzi dei loro rispettivi partiti che si dichiarano apertamente contrari. Dinanzi ai tentennamenti dei vari capi rione (lista unitaria si, lista unitaria no; partito democratico si, partito democratico no…) Prodi non ha avuto il coraggio di presentare una propria lista alle politiche del 2006, deludendo gran parte dei quattro milioni di italiani che avevano partecipato alle Primarie. Ha inserito poche donne nell’Esecutivo. Ha spacchettato importanti Ministeri per accontentare gli apparati, raggiungendo il record di governo più numeroso della storia della Repubblica. Ha tollerato interviste, proclami ed esternazioni di ministri e sottosegretari che spesso si sono inseguiti, contraddetti, spiegati e corretti facendo passare l’immagine di un governo litigioso e diviso. Non è stato capace di suscitare entusiasmo e di alimentare la speranza, mentre i suoi ministri sembrano non riconoscere le esigenze della società italiana e continuano a mantenere un atteggiamento elitario che li allontana dall’ascolto.

Mi ha deluso per i suoi silenzi. Larghi settori dell’opposizione, a distanza di quasi un anno dalle elezioni, continuano a dire che il governo non esiste, che il centrosinistra non è legittimato a governare per soli 24 mila voti in più del centrodestra, e la maggioranza sta zitta, non risponde e va avanti con le sue divisioni, offrendo ripetute occasioni per essere attaccata ed accusata di approssimazione. Infine, il governo è stato incapace di capitalizzare i successi ottenuti sul piano internazionale, a partire dalla missione in Libano, e di imprimere entusiasmo verso la creazione di un’Europa che si dimostri unita nei popoli, e non solo nei mercati.

In poche parole, la gente si fissa nella memoria più le frasi fatte e le trovate propagandistiche dei politici dell’opposizione che le leggi ed i provvedimenti adottati dai politici del governo. E’ una compagine governativa che non sa comunicare e per questo allontana i suoi elettori; è bastato vedere su internet il desolante spettacolo delle sedie vuote mentre Rutelli parla al Congresso della Margherita a Roma, per avere una conferma di questo distacco.

Berlusconi mi ha stancato per l’ipocrisia e l’incoerenza dimostrate nell’agire politico.

Il personaggio rivendica a sé il merito di aver costruito un sistema fondato sull’alternanza degli schieramenti alla guida del Paese. Io sono convinto del contrario e penso che Berlusconi, con il suo ingresso in politica, abbia ritardato il processo di maturazione del sistema maggioritario che nel 1993 una larga maggioranza di cittadini (82,3%) ha scelto con un referendum.

A questo argomento è stata dedicata la nota pubblicata su “Pensieri e Parole” il 17 giugno 2006. Oggi voglio solo ricordare le parole di Sergio Romano sul Corriere della Sera: “Berlusconi è l’uomo che ha maggiormente contribuito a creare le condizioni per un nuovo sistema politico italiano. Ma è anche l’uomo che maggiormente gli ha impedito di funzionare bene. E’ stato per un certo periodo la soluzione dei nostri problemi. E’ divenuto il maggior problema del Paese”. E poi ancora le parole di Casini: “Berlusconi è entrato nella politica italiana come un gigante e ha venduto benissimo il suo prodotto in questi dieci anni. Però, pur essendo un grande venditore, è meno costruttore di politica”.

Con Berlusconi le vicende politiche italiane sono tornate al passato. Se egli voleva il bene del Paese, perché non ha lasciato in vigore la legge elettorale maggioritaria che nel 2001 gli ha consentito di vincere le elezioni? Introducendo le liste bloccate con nominativi scelti dalle segreterie politiche, egli ha tradito lo spirito di due referendum (9 giugno 1991 e 18 aprile 1993), andando contro la maggioranza degli italiani, i quali avevano chiesto una riforma delle istituzioni per accrescere il potere dei cittadini e non per aumentare quello dei partiti.

Il principale responsabile dell’ingovernabilità del Paese è lui.
Perché nel 1994 ha interrotto il processo di maturazione del sistema politico entrando in politica con un partito-azienda. E poi perché è stata voluta da lui la legge elettorale proporzionale che nel 2006 ha creato maggioranze numericamente diverse tra Camera e Senato, determinando la persistente inefficacia dell'azione del governo Prodi.

Quello che stupisce ancora di più è l’atteggiamento dei politici del centrodestra.
Chi prima ha approvato la legge, poi l’ha definita una “porcata”; e chi si è sbracciato per il maggioritario, poi ha votato per un sistema proporzionale. Ed oggi tutti insieme a chiedere una modifica o a minacciare il ricorso al referendum (ancora un altro!!!).

E poi dobbiamo pure ascoltare le prediche di Berlusconi quando dice che la politica “per come è raccontata sembra un carnevale ributtante”. Il presidente della Repubblica continua a chiedere il dialogo fra gli schieramenti, e non la guerriglia, e quest’uomo rifiuta l’incontro con Prodi sul tema della legge elettorale. Tanto, l’obiettivo di rendere la vita difficile al governo Prodi è stato raggiunto. Ecco come si persegue il bene comune! Da uno che crede di essere l’erede di De Gasperi ci viene un bell’esempio di coerenza e affidabilità.

Come sono lontani i tempi in cui Aldo Moro diceva che la politica è un omaggio reso quotidianamente alla verità e alla bellezza della vita.

Berlusconi ha venduto bene il suo prodotto. E’ stato bravo a tutelare interessi particolari (famiglia, aziende, partito); lo stesso Casini ha ammesso: “Va bene, le leggi ad personam sono state uno dei grandi elementi di fragilità del governo e una delle ragioni della sconfitta elettorale”. Ma non era questo che serviva per far progredire l’Italia.

Falsità, incoerenza e ipocrisia sembrano le virtù principali dei nostri rappresentanti politici.

Nel 1994 il senatore Luigi Grillo, assieme al voto determinante di tre senatori a vita (Leone, Cossiga e Agnelli) consentì con il suo voto la nascita al Senato del primo governo Berlusconi: 159 voti a favore e 153 contrari, quando il quorum era di 158 voti. Fino a pochi giorni prima Grillo militava nel Partito Popolare di Martinazzoli e aveva fatto campagna elettorale contro Berlusconi. Nel 2006 Sergio De Gregorio, senatore dell’Italia dei Valori, abbandona Di Pietro e passa con il centrodestra, diventando presidente di Commissione parlamentare e votando poi contro la fiducia al governo Prodi. E Berlusconi, in occasione del voto di fiducia di febbraio 2007, ha ancora la faccia tosta di parlare di “caccia al piccolo voto con il pallottoliere della cattiva coscienza, calpestando ogni regola morale”.

Arthur Schlesinger, grande storico americano e consigliere del presidente John F. Kennedy, nel suo ultimo articolo, prima della scomparsa, ha scritto che la storia è il miglior antidoto contro le illusioni dettate dall’onnipotenza e dall’onniscienza.

Ma la storia è pure un antidoto alla stupidità. Nel nostro Paese c’è sempre qualcuno pronto a soddisfare i desideri del potente di turno. Specialmente se questa potenza non è solo politica, ma finanziaria. All’inizio della legislatura in Senato è spuntato un bel comma da aggiungere all’articolo 59 della Costituzione e la norma, se approvata, riconosce ai senatori a vita il diritto di parola, ma toglie loro il diritto di voto. E’ proprio il caso di dire: Forza Italia…

Tra i fattori che alimentano la sfiducia crescente dei cittadini verso le istituzioni (Comuni, Province, Regioni, Parlamento) c’è la sensazione, sempre più diffusa, dell’impossibilità di governare, a prescindere dal colore politico di ogni esecutivo. E questa sensazione la danno i politici; una classe blindata, una casta senza volontà di rinnovamento, una corporazione che ha come principale obiettivo quello di perpetuare se stessa e che toglie dalle tasche dei cittadini dai tre ai quattro miliardi di Euro l’anno, compresi incarichi, consulenze e finanziamento ai partiti. Tanto per intenderci, dagli otto agli undici milioni di Euro al giorno, e su questo terreno sia la destra che la sinistra si incontrano senza pudore e senza difficoltà.

Parlare di queste cose vuol dire essere qualunquisti oppure fare demagogia?
Se il ceto politico italiano non darà risposte certe, il numero delle persone che non andranno a votare è destinato a crescere sempre più.

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