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Fischi, urla e… finanziaria

18 Dicembre 2006

In questi giorni c’è un fiorire di sondaggi sulla situazione politica italiana, ed è capitato pure a me di rispondere alla telefonata di un intervistatore.

Alla domanda “Come giudichi l’azione del governo Prodi” ho risposto che sei mesi sono pochi per formulare un giudizio su una nuova compagine governativa. Poi ho visto i risultati dei sondaggi e tutti confermano un calo di popolarità del governo in carica.

 

Renato Mannheimer scrive che oggi solo il 31% degli italiani si dichiara soddisfatto. È uno dei valori più bassi di consenso mai toccati dopo meno di un anno di governo, ma il dato è comunque migliore rispetto al 29% registrato per il governo Berlusconi a giugno 2005.

Tutto ciò, secondo Mannheimer, dipende pure dal fatto che il presidente del Consiglio è costretto a districarsi tra le divergenti esigenze di una coalizione amplissima. Da questo punto di vista, aggiunge lo studioso, occorre dire che Prodi è stato sin qui assai abile a tenere insieme componenti così diverse: forse per questo risulta ancora oggi più popolare di quanto non lo sia il governo da lui presieduto (il Professore ha il 37% di giudizi positivi).

Colpa della Finanziaria?

Secondo alcuni la manovra è sbilanciata a sinistra perché aumenta la spesa pubblica per accontentare tutti e perché non affronta con decisione le riforme strutturali ritenute necessarie per modernizzare l’Italia; secondo altri è sbilanciata a destra perché taglia i fondi dello stato sociale e concede troppo agli industriali, alle banche, ai ricchi.

Francesco Giavazzi scrive un’editoriale che ha per titolo “La spesa corre e i furbi vincono” e Nicola Rossi dice che nella Pubblica amministrazione sono stati tenuti in considerazione solo gli interessi dei pubblici dipendenti e non dei cittadini. Peppino Caldarola ammette che “c’è un’ostilità crescente delle masse popolari nei confronti del governo e dei partiti che lo compongono”; Fabio Mussi conferma che “il rapporto con la società civile e l’opinione pubblica è fragilissimo”; Fassino dice che la Finanziaria ha fatto incrinare il rapporto del governo con il Paese.

L’impresa non era facile perché i ministri di Prodi, nel formulare la prima legge di bilancio della legislatura, dovevano tener conto di un’Italia dove le auto di polizia e carabinieri si fermano per mancanza di benzina, i tribunali si bloccano perché è finita la carta, scienziati e ricercatori vanno all’estero perché da noi non ci sono fondi, i tempi di completamento della Salerno/Reggio Calabria slittano di anno in anno, Ferrovie e Alitalia sono sull’orlo del fallimento, i cantieri dell’Alta Velocità chiudono perché non ci sono finanziamenti…

Negli ambienti finanziari internazionali è circolata con discrezione la notizia riguardante i mancati pagamenti delle Ferrovie italiane nei confronti della Ferrovial Agroman per lavori eseguiti su una tratta di raddoppio della Genova-Ventimiglia: su 127 milioni di euro già spesi, l’impresa spagnola ne avrebbe ricevuti meno di 40. La decisione di rinviare il pagamento degli 87 milioni di euro mancanti sarebbe stata presa nel novembre scorso, quando l’amministratore delegato delle Ferrovie italiane ha verificato che non c’erano più risorse per far fronte al pagamento dei fornitori.

Questa è l’Italia che ha lasciato il governo Berlusconi, ed è una storia che non si può cambiare. Per quanto riguarda il governo in carica, solo il tempo dirà se Prodi ha avuto ragione nel volere una Finanziaria ritenuta molto pesante. Intanto, però, si possono fare alcune considerazioni.

Nel bollettino di dicembre la Banca Centrale Europea conferma le ottimistiche previsioni per l'economia italiana, e sottolinea anzi il contributo positivo che Roma darà all'andamento generale dei conti pubblici dell'area euro. La Bce parla di "vigorosa crescita dell'economia" per tutta l’area dell’euro e stima che il risanamento strutturale del 2006-07 sarà sufficiente a “riportare il disavanzo al disotto del 3% del Pil nel 2007, coerentemente con gli impegni presi dal Paese". Il bollettino sottolinea inoltre come le misure contenute in Finanziaria, insieme alle politiche di risanamento tedesche, potrebbero avere riflessi positivi sull'intera eurozona.

Fin qui le osservazioni di un importante organismo internazionale. Scendendo poi nel merito dei problemi che toccano più da vicino i cittadini, ho controllato gli effetti della nuova Irpef ed ho visto che i lavoratori dipendenti (e pensionati) con redditi fino a 38.000 euro pagheranno meno tasse. Il precedente governo ha detto di aver ridotto le tasse a tutti, ma io, da lavoratore dipendente, non ho visto alcun beneficio a fine mese.

Ora le addizionali Irpef e Irap sono scongelate e i Comuni potranno introdurre specifiche tasse di scopo per finanziare opere pubbliche, sui casi meno gravi trattati al pronto soccorso si dovrà pagare il ticket, gli investimenti nelle infrastrutture ferroviarie sono finanziati con un aumento dei pedaggi autostradali, lavoratori autonomi e parasubordinati pagheranno più contributi per la pensione, è vero. Ma almeno questi dicono la verità e non prendono in giro il prossimo.

Angelo Panebianco ha scritto che il centrodestra era stato votato perché aveva promesso non solo meno tasse ma anche meno «Stato». Ma, in barba alla propaganda elettorale, con il centrodestra la spesa pubblica aumentò anziché diminuire né ci fu traccia di liberalizzazione dei servizi o di riforme modernizzatrici della pubblica amministrazione. Alla fine del governo Berlusconi c'era altrettanto «Stato», se non di più, e altrettanto inefficiente, di quanto ce n'era all'inizio… Abbiamo sentito che Casini oggi indica come obiettivi dei moderati liberalizzazioni e privatizzazioni ma sia lui che i suoi (ex) colleghi della Casa delle Libertà dovrebbero spiegarci perché di queste belle cose vedemmo così poco in cinque lunghi anni. Se un governo sicuramente statalista e dirigista come l'attuale privatizzerà Alitalia, ad esempio, questo sarà un bello schiaffo per il centrodestra (così come fu uno schiaffo il decreto Bersani sulla liberalizzazione delle professioni).

Ho citato testualmente l’articolo di Panebianco senza nulla aggiungere e lascio ai lettori le dovute riflessioni. Poi, se volete, fischiate pure. Tanto il fischio organizzato non fa più impressione. Vale più il fischio spontaneo di un lavoratore di Mirafiori che mille fischi di quattro tassisti romani.

Gli operai protestano perché sono stanchi di sentir dire che prima bisogna aggiustare i conti e poi pensare al resto. Ed hanno ragione. C’è voluto l’intervento del presidente della Confindustria Montezemolo a Torino per sentir dire che al centro delle imprese c’è chi produce, c’è il lavoratore, c’è l’operaio, categoria trascurata dall’attenzione mediatica e “non solo da quella”. I tassisti, invece, sono scesi in piazza per difendere posizioni di monopolio e per opporsi alla concessione di nuove licenze.

Nell’aula del Senato fischi e urla hanno accompagnato il voto dei senatori a vita, risultato decisivo per l’approvazione della legge finanziaria. Ciampi è stato esemplare nella risposta: “Mi sono limitato ad alzare gli occhi verso l’aula e guardare in faccia coloro che facevano quegli apprezzamenti”.
Ora qualcuno di Forza Italia vuole togliere il diritto di voto ai senatori a vita e Gianfranco Fini fa il verginello e si scandalizza dicendo che il voto dei senatori a vita non è espressione della volontà popolare e che il governo Prodi, senza di loro, non avrebbe avuto la maggioranza. Siamo seri. Italiani, dite basta! Volete continuare ad essere presi in giro? Dov’era Fini quando il 18 maggio 1994 il primo governo Berlusconi nasce con 159 si e 153 no? Il quorum era di 158 voti e hanno votato a favore tre senatori a vita, Agnelli, Cossiga e Leone! E dov’era Fini qualche mese addietro, quando la sua Casa delle Libertà ha proposto il nome di Andreotti, un altro senatore a vita, alla presidenza del Senato?

Non sarà con queste sceneggiate che il centrodestra potrà nascondere ciò che non ha fatto per l’Italia nei suoi cinque anni di governo. Quello che invece ha fatto per tutelare interessi particolari (famiglia, aziende, partiti) è sotto gli occhi di tutti. Solo oggi Casini ammette: “Va bene, le leggi ad personam sono state uno dei grandi elementi di fragilità del governo e una delle ragioni della sconfitta elettorale”.

Giorgio Bocca, in un articolo del 14 dicembre scorso, ricorda l’uscita pubblica in cui Berlusconi si rivolge a un carabiniere e gli chiede di "prendere le generalità" di chi lo disturba.