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Fred Buscaglione
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Fred Buscaglione

09 Settembre 2006

Vorrei che i giovani conoscessero Fred Buscaglione.

Una riflessione sulla vita e sulle opere (La piccola grande rivoluzione musicale di Fred Buscaglione: memoria di un istrione) è stata pubblicata su www.scriptamanent.net nella rubrica Problemi e Riflessioni a pag. 3, ed è stata poi ripresa su www.sanmango.it nella rubrica Biblioteca; ma il web è ricco di siti che parlano di questo personaggio straordinario, morto nel pieno della maturità artistica all'alba del 3 febbraio 1960, quando, dopo aver suonato fino a notte fonda, la sua Thunderbird rosa va a schiantarsi contro un camion carico di tufo nel quartiere romano dei Parioli.

 

Era nato a Torino il 1921. Pochi mesi prima di morire aveva confidato ad un giornalista: "Ho capito che, se riesco a durare ancora un paio d'anni, sono a posto. Mi occorrono due anni, non di più...Poi, prima che la gente mi volti le spalle, Fred ridiventerà Ferdinando Buscaglione, di professione pensionato".

Fred non era solo un musicista. Era la risposta italiana alla musica americana, l'unica, in quegli anni, in grado di creare miti e leggende. Rimanendo a metà strada tra il sentimento e la caricatura, Buscaglione propone piccoli gioielli di ironia supportati da un ottimo sound, venendo così incontro ai desideri di quegli italiani che sul finire degli anni Cinquanta non si riconoscono più nei gorgheggi tutti cuore e amore, ma non si riconoscono ancora nell'invadente ondata di rock and roll statunitense.

La sua musica diventa più raffinata nella ricerca ritmica grazie all'incontro con Fatima Ben Embarek, che spesso lo accompagna con la sua voce limpida e intonata. La vicenda umana e artistica di questi due personaggi è curiosa. E' il tempo delle orchestrine e Buscaglione accetta molte scritture in Italia e all'estero; nel 1949 si trova a suonare in un locale a Lugano, dove si esibisce anche un trio di acrobati di origine marocchina, composto da Mohamed, ex colonnello dell'esercito francese, e dalle figlie Aisha e Fatima. Fatima è una ragazza di 18 anni, bruna, corposa, occhi neri e ardenti, molto bella. Scoppia il colpo di fulmine e Fatima diventa la donna della sua vita. Fred la porta a cantare nel suo gruppo e nel 1954 la sposa.

Leo Chiosso, un paroliere conosciuto a Torino in un locale notturno e destinato a diventare l'autore dei versi delle sue canzoni più famose, insiste perché Fred incida su disco e ad introdurli nel mondo discografico è Gino Latilla, torinese pure lui, il quale arriva a pagare di tasca propria quattro incisioni di Fred per la Cetra (le prime su vinile). “Che bambola” vende 980mila copie ed è un successo strepitoso: per questo Buscaglione è considerato il campione del primo vero boom discografico italiano.

Artista di razza, cantante, autore, compositore ed anche attore dalla forte personalità, giunto alla piena maturità artistica, voleva far emergere in maniera definitiva le proprie capacità di esecutore e arrangiatore. Ma la sua esistenza, interrotta a 39 anni, non è bastata, ed oggi Fred Buscaglione vive nel mito.

Egli è stato la possibile risposta italiana alla musica leggera americana. Mentre le voci vellutate di Luciano Tajoli, Tullio Pane, Narciso Parigi, Sergio Bruni e tutti gli altri raccontano storie di mamme, lacrime, addii, rimpianti e cuori spezzati, Buscaglione strappa il sipario, irrompe nelle case degli italiani travolgendoli con canzoni irresistibili. In poco più di cinque anni egli contribuisce a svecchiare la canzone italiana. Inventa storie da malavita all'americana e crea il personaggio di un uomo sconsolato che trova nel whysky il ricordo di un amore perduto.

Proviamo dunque a legare la vita e le opere di Buscaglione ad un'Italia musicale in fermento, interessata dalla nascita della canzone d'autore. Parigi e l'esistenzialismo sono stati gli stimoli di una rivoluzione, ma in Italia è Genova la prima patria della nuova canzone italiana.

Siamo agli albori del miracolo economico, poco dopo il 1950, quando solo due famiglie su cento prevedevano di acquistare un elettrodomestico o un'automobile, e quando a Natale si regalavano ancora scarpe e cappotti. Amilcare Rambaldi, commerciante di fiori a Sanremo, vede realizzato il sogno di mettere in scena un Festival della canzone per valorizzare la produzione nazionale.

Il 29 gennaio 1951, dal Salone delle Feste e degli Spettacoli del Casinò Municipale di Sanremo viene trasmesso il Primo Festival della Canzone Italiana, organizzato dalla Rai-Radio italiana in collaborazione con il Casinò Municipale di Sanremo. Presenta Nunzio Filogamo, orchestra di Cinico Angelini. I cantanti sono Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano. Il 1957 vincono Claudio Villa e Nunzio Gallo con "Corde della mia chitarra"; Fred Buscaglione e Renato Carosone cantano, invece, "Torero" e a Milano i poliziotti sono mandati a confiscare i jeans, fermando senza troppe giustificazioni le persone che li indossavano.

Nel 1958 al Festival di Sanremo canta Domenico Modugno. Le previsioni danno per vincente "L'edera" di Nilla Pizzi e Tonina Torrielli. Mimmo non conosceva le astuzie del cantante navigato, scrive Antonio Gaudino, usava gesti fuori dalle regole della compostezza tipica di un interprete di quei tempi. Finita l'esecuzione, alcuni interminabili secondi di gelo, e poi i fazzoletti bianchi dei giornalisti in prima fila che annunciano l'ovazione del pubblico in piedi. E' una rivoluzione. "Nel blu dipinto di blu" fa giustizia della vecchia canzone italiana, quella della mamma, dei cuori, degli amori e dei dolori. Nei tre mesi successivi al Festival il brano vende oltre un milione di dischi ed il successo dilaga in America, dove "mister volare" è accompagnato ai concerti dalle motociclette di scorta della polizia. Complessivamente nel mondo verranno venduti 22 milioni di dischi.

L'effetto è sconvolgente. L'avvenimento cambia il modo di concepire la canzone italiana e apre nuovi orizzonti ad una generazione di cantautori. Nel 1959 una ragazza di Cremona, Anna Maria Mazzini, di diciannove anni, canta "Nessuno" e davanti a milioni di telespettatori e radio ascoltatori Mike Bongiorno la saluta con la frase profetica: "A te, non ti fermerà più nessuno". E Mina arriva al momento giusto, quando già la marea degli urlatori stava rompendo gli argini del perbenismo canoro.

Nel 1960 è ancora Mina a conquistare il pubblico con "Tintarella di luna", mentre Tony Dallara incide "Come prima", il suo più grande successo. Nel 1961 è la volta di Adriano Celentano, il quale canta "24.000 baci" in stile rock'n'roll ; il cantante volge la schiena al pubblico di Sanremo, ed il gesto provoca indignazione e persino un'interrogazione parlamentare: ma l'intreccio tra musica e corporalità è cosa fatta! Sul fronte della canzone regionale, Peppino di Capri, assieme a Renato Carosone, imprime una svolta anche alla canzone napoletana, e nel panorama musicale italiano, fatto di rime cuore-amore, irrompono Betty Curtis e Joe Sentieri, urlatori melodici, Little Tony, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Ghigo Agosti, della linea dei rocker.

Scrive Gino Castaldo: "Eravamo in piena rivoluzione canora. Modugno aveva infranto la barriera del conservatorismo sanremese, i cantautori genovesi stavano dissolvendo forme e certezze del bel canto, il rock'n'roll stava già mettendo radici anche nelle periferiche vie Gluck. Ma di quel sommovimento Buscaglione era stato un anticipatore, meglio un guastatore antiborghese che, all'inutilità delle vecchie rime cuore-amore, aveva preferito una galleria di personaggi, eroi perdenti, duri dal cuore di gomma, femmine bollenti, che tiravano fuori, col tipico genio italico, l'antica arte della macchietta, reinventata dai ritmi americani. Una miscela esplosiva e bonariamente sovversiva che ha fatto scuola. Assieme a Carosone aveva insegnato che si poteva sorridere, o addirittura ridere, scrivendo grande musica, masticando jazz, boogie e rock'n'roll. Quello che non ha potuto fare dopo, l'hanno fatto altri, come lui decisi a non essere normalizzati. Uno soprattutto, Rino Gaetano, anche lui un sognatore, irriverente e fantasioso, anche lui vittima precoce, inquietante coincidenza, di un incidente d'auto, di notte, a Roma".

Quando muore Buscaglione, nel 1960, è già diffuso nel Paese un modo nuovo di intendere la canzone. Erano nati i cantautori, più poeti che musicisti, personaggi che rivoluzionano la canzone italiana e che mettono in risalto la dura realtà della vita quotidiana. All'amore, insomma, si accompagnano anche le ribellioni politiche che turbano la quiete ovattata e l'apparente felicità del boom economico. Sono questi personaggi, assieme a Gianni Meccia, Rosario Borelli, Maria Monti ed Enrico Polito, la prima generazione di cantautori, i precursori degli anni Settanta e dei vari Francesco De Gregori, Edoardo Bennato, Antonello Venditti.

E' una rivoluzione musicale, quella degli anni Sessanta, che marcia di pari passo con lo sviluppo delle nuove tecnologie, e l'avvento del disco prende il posto delle orchestrine diffuse in tutta la Penisola. L'autore non lavora più in funzione di uno spartito, non compone solo la musica (ai parolieri erano riservati i testi), ma crea per intero la sua canzone e la esegue. E non solo. Non ci sono più componimenti di "esperti" affidati ad "interpreti". Tutti possono cantare le canzoni, accompagnandosi con la chitarra o con un pianoforte.

Questo modo di fare musica è la vera rivoluzione della canzone italiana. Che ha ancora, come punto di riferimento, la canzonettistica, ma che trova il coraggio di rompere gli schemi letterari e musicali grazie al jazz, al rhythm and blues e, soprattutto, grazie all'influenza degli chansonniers francesi, ai quali la Hobby & Work Publishing di Bresso (MI) ha dedicato una interessante collana di CD a partire dal mese di agosto appena trascorso.

L'anarchia tanto sbandierata da questi chansonniers (ed in Italia dai primi cantautori genovesi) più che politica, è intellettuale e comportamentale, una filosofia di vita che si oppone a qualsiasi irreggimentazione, semplicemente perché è alla ricerca di una nuova libertà. E' il momento di Luigi Tenco, di Fabrizio De Andrè e di Piero Ciampi, di Gino Paoli e di Sergio Endrigo. In questo modo il desiderio di svecchiamento della canzone italiana di quel tempo incontra la canzone francese, e da questa recepisce gli strumenti stilistici fondamentali. Un desiderio di svecchiamento che ha trovato in Buscaglione un antesignano: ed è proprio questa la magia del grande Fred.

Ha scritto Aldo Garzia: “Buscaglione non è invecchiato, come tocca al destino dei veri miti popolari del Novecento che muoiono giovani: da James Dean a Marilyn Monroe, a Ernesto Che Guevara. Di lui resta l'eterna immagine di un trentenne strafottente ed elegante che sapeva divertire cantando. Conquistatore, ingenuo, dannato quanto basta, le sue canzoni sono il ritratto di un'epoca con quel pizzico di genialità che rende voce e parole intramontabili. Anche a distanza di tanti anni da quell'alba tragica del 3 febbraio 1960” .