PENSIERI&PAROLE

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Ancora sull' alternanza

17 Giugno 2006

L'intervento del 17 maggio 2006, dal titolo Aldo Moro Napolitano e l'alternanza , terminava con una domanda: Cosa è successo in questi ultimi 28 anni, dal 1978 al 2006, e perché Napolitano, oggi, invoca ancora la democrazia dell'alternanza?

 

Proviamo a seguire il filo della storia democratica del nostro Paese a partire dal 1989, l'anno del crollo del Muro di Berlino.

A maggio del 1989 nasce l'alleanza Craxi-Andreotti-Forlani; a luglio Andreotti vara il suo sesto governo (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli); Silvio Berlusconi riesce a far approvare dal Pentapartito una legge secondo la quale è possibile possedere fino a tre reti nazionali, e per protesta cinque ministri della sinistra Dc si dimettono dal Governo.

Nel 1990 il Pci decide di cambiare nome e simbolo per dar vita ad una nuova formazione politica. A gennaio del 1991 si apre a Rimini il congresso di scioglimento del Pci e nasce il Pds con il simbolo della quercia; a marzo nasce il movimento politico “ La Rete ” di Leoluca Orlando; a giugno passa, con il 95% dei voti, il referendum sulla preferenza unica alla Camera, nonostante l'invito di Craxi a non andare a votare; a dicembre congresso costitutivo di Rifondazione comunista.

Il 17 febbraio 1992 viene arrestato Mario Chiesa e inizia il ciclo di Tangentopoli; nelle elezioni politiche di aprile forte calo della Dc (29,7%), flessione del Psi (13,6%), esordio del Pds con il 16,1%; la Lega primo partito nel Nord e La Rete in Sicilia sfiora il 10%; a luglio nasce il governo Amato (Dc, Psi, Psdi, Pli); a ottobre Martinazzoli diventa segretario della Dc; nelle elezioni amministrative di dicembre in molti comuni del Nord il Psi è ridotto al 4%, la Dc esce dimezzata e la Lega avanza.

Nei primi mesi del 1993, ad un anno dall'avvio di “Mani Pulite”, un'intera classe politica è sotto processo; Craxi si dimette da segretario del Psi, Mario Segni esce dalla Dc; il sistema proporzionale viene spazzato via da un referendum e con l'82,3% dei voti gli italiani aprono la strada al sistema maggioritario uninominale.

Nel 1994, a gennaio, sulle ceneri della Dc nasce il Partito Popolare italiano; Silvio Berlusconi vince le elezioni politiche alla testa di un'alleanza tra Polo della Libertà al Nord (Forza Italia, Ccd e Lega) e Polo del Buon Governo al Sud (Forza Italia, Ccd e Msi); sconfitti i Progressisti guidati da Occhetto; il Ppi di Martinazzoli ottiene l'11,1% ed il Patto Segni il 4,7%; Martinazzoli, in quell'occasione, sceglie di non fare alleanze e rimane al di fuori delle aggregazioni che si erano costituite sia a destra che a sinistra dello schieramento politico italiano.

Fin qui i fatti per come si sono svolti nel corso degli anni. Non è nostro interesse analizzare in questa sede i motivi che hanno spinto il cavaliere a scendere in campo; è interessante, invece, ricordare il pensiero di Gianfranco Fini (vedi L'Europeo 2005 n. 2 ) verso la fine del 1993: “Mi auguro che non fondi un partito e che continui a far bene il proprio mestiere… Il sistema maggioritario premia solo chi vince e il suo intervento rischierebbe di spezzettare ancora di più le forze politiche moderate”.

Berlusconi, invece, ha fondato Forza Italia ed ha vinto le elezioni del 1994. Ma cosa è successo al sistema dei partiti in Italia dopo che uno degli imprenditori più potenti d'Italia, alla guida di quello che è stato definito un “partito-azienda”, è entrato pesantemente nella scena politica: lo spezzettamento delle forze moderate, con la conseguente incertezza riscontrata da alcuni partiti e dagli elettori nell'aderire ad un progetto politico veramente aggregante e definito.

Qualche esempio? Nel marzo del 1995 i moderati del Ppi, già ridimensionati dalla scelta di altri ex DC di andare a destra, si spaccano ulteriormente sulla decisione di Buttiglione di candidarsi alle elezioni con il Polo delle Libertà; e la diaspora dei moderati viene evocata pure dopo dieci anni, quando in un opuscolo distribuito da Forza Italia prima delle elezioni politiche 2006, a proposito dei moderati ed ex democristiani confluiti nella Margherita, troviamo scritto: “ Ecco lo strano destino della Margherita, oggi un fiore fuori posto, domani, chissà, un potenziale ottimo alleato per Silvio Berlusconi ”. Nel versante opposto alla Margherita troviamo, invece, un autorevole esponente del centrodestra, Bruno Tabacci dell'Udc, che dice (Corriere della sera del 16/06/2006): “ Un'area moderata moderna non può sbattere la porta in faccia a Bersani, e farlo in difesa dei monopoli e delle corporazioni... ”; e Bersani, si sa, è un ministro del governo Prodi.

Migliore esempio di incertezza, di frammentazione e di dispersione delle forze politiche moderate non riusciamo a trovare! Per non parlare dei socialisti, divisi ancora oggi in mille rivoli…

Da un po' di tempo mi gira in testa un pensiero: Il 1994 senza Berlusconi poteva essere l'anno in cui anche il sistema politico italiano diventava compiuto e, finalmente, con la creazione di Poli ben definiti, si realizzava la democrazia dell'alternanza? Torniamo, dunque, alla domanda iniziale.

Tra la morte di Moro nel 1978 e le vicende del 1994 non c'è stata, in Italia, la seconda fase, quella che, per lo statista scomparso, doveva vedere Dc e Pci assieme al governo. Ma essendo la Dc spazzata via dal vento di Tangentopoli ed essendo il Pci sciolto a seguito della caduta del comunismo, era possibile ipotizzare, per le elezioni del 1994, la nascita di due grosse formazioni politiche antagoniste, una progressista e l'altra moderata, sul modello inglese e americano?

Il progetto di Moro è stato fermato dal piombo delle Brigate Rosse. Chi e cosa, invece, hanno arrestato l'evoluzione e la maturazione delle forze politiche tradizionali (comunisti, socialisti, cattolici e liberali) verso nuove forme di partito, facendoci rimanere ancorati a schemi e modelli (Destra e Sinistra) che risalgono all'Ottocento e che hanno identificato le ideologie del Novecento? Per colpa di chi e per quali motivi non è stato assecondato quello che Napolitano ha chiamato “l'espressione naturale del principio maggioritario che l'Italia ha assunto da quasi un quindicennio come regolatore di una democrazia dell'alternanza realmente operante”?

Segno evidente di questo ritardo è il fatto che ancor oggi si parla di Partito democratico da una parte e di Partito delle Libertà dall'altra, mentre nella realtà le formazioni politiche continuano a tenere in ostaggio le coalizioni, come è avvenuto nei cinque anni di governo Berlusconi (fortemente condizionato dalla Lega) e come comincia a succedere al governo Prodi, condizionato fin dalla sua prima fase di formazione.

Il neopresidente Napolitano in Parlamento ha parlato di “insufficiente maturazione nel nostro paese del modello di rapporti politici e istituzionali già consolidatosi nelle altre democrazie occidentali”. E lo storico Giovanni Sabbatucci, allievo di Renzo De Felice, scrive che “agli inizi degli anni Novanta la sinistra, convinta di essere l'interprete del cambiamento italiano, male ha sopportato il trauma del successo avuto da un personaggio che rappresenta tutto ciò che essa invece detesta, Silvio Berlusconi. Questi, d'altra parte, essendo arrivato sulla scena politica in modo un po' improvvisato, è stato costretto a premere sul vecchio tasto dell'anticomunismo”. Così, commenta Dino Messina sul Corriere della sera del 14 maggio 2006, il discorso politico è ritornato al passato, rinverdendo molti stereotipi radicati ma di fatto allontanandosi dalla sostanza dei problemi reali.

Mi ritornano in mente le parole che Sergio Romano ha scritto sul Corriere della Sera di sabato 8 aprile 2006: “Berlusconi è l'uomo che ha maggiormente contribuito a creare le condizioni per un nuovo sistema politico italiano. Ma è anche l'uomo che maggiormente gli ha impedito di funzionare bene. E' stato per un certo periodo la soluzione dei nostri problemi. E' divenuto il maggior problema del Paese”.

Perchè un individuo che spende circa 12 milioni di Euro in un anno per i lavori di ristrutturazione della sua Villa Certosa in Sardegna, non pensa seriamente di porre fine alla sua avventura politica in Italia, lasciando così ai partiti la libertà di scegliere il proprio schieramento, da realizzare attraverso lo scioglimento in formazioni più ampie, come prevede il bipolarismo scelto dagli italiani nel 1993 a larghissima maggioranza?

Lo abbiamo scritto il 10 maggio scorso in occasione dell'elezione del nuovo Capo dello Stato: D'Alema presidente del Consiglio dei ministri, Bertinotti presidente della Camera e Napolitano presidente della Repubblica sono eventi che dimostrano che in Italia l'alternanza è possibile. Il sogno di Aldo Moro si è realizzato: non c'è più un solo partito pilastro essenziale di sostegno della democrazia italiana. Grazie a Dio, oggi l'Italia non ha più bisogno di profeti, di salvatori della Patria o di uomini della Provvidenza.

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