Ricordiamo Luigi Tenco
A. OrlandoE’ morto ucciso da un colpo di pistola che lui stesso si è tirato in testa in una stanza d’albergo a Sanremo. Aveva 29 anni e in un biglietto aveva lasciato scritto: “Come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno”.
Dubito che quel “qualcuno” si sia chiarito le idee.
Anzi no! Le idee sono diventate chiare per molti. Solo che in Italia le cose sono andate avanti come sempre, nello stesso modo che ha spinto Tenco al suicidio; nel campo della musica come nel campo del calcio, e così in tante altre attività della storia nazionale ed in tante altre iniziative della vita quotidiana.
Un mese dopo la morte di Tenco, il 27 febbraio, a Parigi, tenta il suicidio Jolanda Gigliotti, la cantante italo-francese originaria di Serrastretta; lei riapre gli occhi dopo 90 ore di coma. I due artisti erano legati sentimentalmente ed insieme si erano presentati al Festival di Sanremo con la canzone Ciao amore ciao.
I due avvenimenti hanno destato grande impressione ed hanno sconvolto l’intero mondo della musica leggera. Ma tutto è durato pochi giorni.
Un anno dopo, mentre Bob Dylan e Joan Baez infiammano la gioventù con un linguaggio di pace e di amore, ho avuto occasione di scrivere che in Italia la gente aveva già dimenticato tutto, e siccome oggi ricorrono i 40 anni dalla morte di Tenco voglio ricordare questo artista riportando alcuni brani di quel pezzo, che porta la data del 31 maggio 1968.
“Tutto si fece, allora, piuttosto che ragionare, cercare di capire le cause e le circostanze della tragedia… Eppure questi eventi dovrebbero far riflettere gli uomini sul significato della vita. Invece ognuno si è sentito autorizzato a dire la sua, ad esprimere un giudizio. Si disse che quella era la fine degli atei, che Tenco era un folle, un fallito. Qualcuno disse che Tenco si era ucciso perché da anni inseguiva invano il successo. Ma non si disse che le sue canzoni erano un’accusa rivolta alla società, che esse esprimevano così bene l’insoddisfazione dei giovani, la mancanza di veri ideali e di veri scopi da accreditare all’esistenza. Luigi Tenco era uno di quei giovani che sentivano e che sentono pesare sulla loro vita un fardello di cose inutili. Era uno dei tanti giovani che cercano una realizzazione, che vedono svanire sogni e desideri perché la realtà è molto dura, perché la realtà non può essere accettata quando è negatrice delle nostre aspettative, delle nostre idee, del nostro modo di vivere. La realtà frusta ed inchioda sugli scogli aridi del consumismo le idee, fiacca la giovinezza, neutralizza l’entusiasmo dei verdi anni. Ci sentiamo perciò isolati e respinti da una società che tutto consuma, mentre “gli altri” sembrano non accorgersi di noi, sembrano non sapere che anche “noi” vogliamo vivere, che anche noi abbiamo diritto a vivere, ma non come gli altri ci impongono... Per questo preferiamo restare soli, chiuderci nel nostro mondo giovanile… E non meravigliatevi poi se da queste insoddisfazioni nascono e si sviluppano quella ribellione il più delle volte violenta, quelle lotte studentesche della cui cronaca sono pieni i giornali di questi giorni…”.
Questo scrivevo nel 1968, ed era il tempo in cui i giovani erano in fermento in ogni parte del mondo.
Molti anni dopo Leoncarlo Settimelli dice che Tenco viene ormai celebrato come un mito, ma guai a ricordare perché si uccise. Tutto rimosso, memoria azzerata. Eppure la sua morte fu uno dei fatti più clamorosi di quel decennio e costituì il drammatico prologo alle barricate del ’68…Cantautore serio, impegnato, rabbioso, intelligente, che si distingueva nel panorama politicamente asettico del branco...
Questo era, questo è Luigi Tenco. E per capire se veramente era un fallito c’è solo un modo: ascoltare la sua musica, seguire le sue parole, imparare a conoscere la canzone d’autore e, perché no!, seguire le attività del Club Tenco.
Abbiamo Internet a disposizione. Proviamo ad utilizzarlo anche per questo.
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